La maxisanzione amministrativa per il lavoro nero alla luce della l. 4 novembre 2010 n. 183 – collegato lavoro alla finanziaria 2010.
La legge 4 novembre 2010 n.183, all’art. 4 ha introdotto rilevanti modifiche alla disciplina della   maxisanzione amministrativa sul lavoro nero, già contenuta nell’art. 3 del D.L. 12/2002 convertito con modificazioni dalla legge 23 aprile 2002 n.73.
L’articolo 39 del decreto legge n. 112/2008 convertito,  con modificazioni, in legge n. 133/2008  ha
introdotto misure di semplificazione in merito agli adempimenti obbligatori di natura formale nella gestione dei rapporti di lavoro.
La norma prevede l’istituzione del “libro unico del lavoro”, in sostituzione di tutti i libri obbligatori che il datore di lavoro doveva istituire ai sensi della normativa previgente.
Il nuovo criterio scelto dal legislatore per stabilire se un lavoratore è “in nero” è quello di verificare se è stata effettuata o meno la comunicazione di assunzione preventiva al Centro per l’impiego tramite il sistema informatico competente.
All’accertamento del lavoro in nero, ai sensi dell’articolo 36 bis, comma 7, D.L. 4 luglio 2006, n. 223, conv. In L. n. 248/2006, segue l’irrogazione di una maxisanzione amministrativa, consistente nel pagamento di una somma di denaro variante da un minimo di € 1.500 ad un massimo di € 12.000 per ciascun lavoratore, maggiorato di € 150 per ciascuna giornata di lavoro effettivo.
Il legislatore, con il D.L. 12/2002 sopracitato, aveva introdotto una sanzione per il lavoro nero  parametrata in percentuale al costo del lavoro irregolare (“dal 200 al 400 per cento dell’importo per ciascun lavoratore irregolare, del costo del lavoro calcolato sulla base dei contratti collettivi nazionali per il periodo compreso tra l’inizio dell’anno e la constatazione della violazione”).
La Corte Costituzionale, tuttavia, ne ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, nella parte in cui non ammetteva la possibilità di provare che il rapporto di lavoro irregolare avesse avuto inizio successivamente al 1 gennaio dell’anno in cui era stata constatata la violazione, trasformando la presunzione da assoluta in relativa, ovviamente con onere di fornire tale prova a carico del potenziale trasgressore (cfr., C.Cost., 12 aprile 2005, n. 144).
Il legislatore, pertanto, ha sostituito la disposizione dichiarata illegittima con l’articolo 36 bis, comma 7, D.L. 4 luglio 2006.
Oltre alla rivisitazione dell’importo (da un minimo di € 1.500 ad un massimo di € 12.000 per ciascun lavoratore, maggiorato di € 150 per ciascuna giornata di lavoro effettivo), il legislatore ha previsto una sanzione specifica e aggiuntiva, per quanto concerne l’omesso versamento dei contributi e premi riferiti a ciascun lavoratore irregolare, disponendosi che l’importo delle sanzioni civili connesse a tale omissione non può essere inferiore a € 3.000, indipendentemente dalla durata della prestazione lavorativa accertata.
La maxisanzione si applica per tutto il periodo, anche quello antecedente all’entrata in vigore della novella del 2006.
Sul punto, la Corte di Cassazione, a sezioni unite, ha invero  fatto rilevare che:”In materia di sanzioni amministrative pecuniarie non si applica il principio di retroattività della legge più favorevole, previsto dall’art. 3 del d.lgs. n. 472 del 1997soltanto per le infrazioni valutarie e tributarie, e ciò tenuto conto della peculiarità sostanziale che caratterizza le rispettive materie”(cfr.,Cass., Sez. Unite, sent. n. 356 del 13 gennaio 2010).
Il legislatore, con la L. n. 183/2010, più che sulla maxisanzione in sé considerata, è intervenuto sui presupposti e sulle modalità applicative di quest’ultima:
a) La maxisanzione si applica soltanto nel caso di impiego di lavoratori subordinati per i quali non risulti effettuata la preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro privato al centro per l’impiego.nel senso che la novella sostanzialmente segna un ritorno al passato.
Si tratta di un ritorno al passato. Ed infatti, la fattispecie sanzionata è di nuovo quella dell’impiego “irregolare” di lavoratori subordinati, così eliminandosi l’estensione operata dall’art. 36 bis, comma 7, cit., all’impiego irregolare anche di lavoratori non subordinati, come si ricava dall’inciso “l’impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria”;
b)  La maxisanzione non si applica in caso di lavoro domestico;
c) Viene prevista una c.d. minisanzione, e cioè una riduzione della maxisanzione “nel caso in cui il lavoratore risulti regolarmente occupato per un periodo lavorativo successivo”.
In tale ipotesi, infatti, l’importo della sanzione si riduce da € 1.000 a € 8.000 per ciascun lavoratore irregolare, maggiorato di € 30 per ciascuna giornata di lavoro irregolare;
d) Ai sensi del nuovo articolo, 3, comma 3, “l’importo delle sanzioni civili connesse all’evasione dei contributi e dei premi riferiti a ciascun lavoratore irregolare di cui ai periodi precedenti è aumentato del 50 per cento”.
La nuova sanzione sostituisce quella non inferiore a € 3.000, indipendentemente dalla durata della prestazione lavorativa accertata, introdotta dall’art. 36 bis, comma 7, L. n. 248/2006 dichiarata costituzionalmente illegittima nella parte in cui non ammetteva la possibilità di provare che il rapporto di lavoro irregolare avesse avuto inizio successivamente al 1 gennaio dell’anno in cui era stata constatata la violazione (cfr.,  C. Cost. 12 aprile 2005, n. 144);
e) L’applicazione della maxisanzione viene esclusa, se dagli adempimenti di carattere contributivo assolti in precedenza, risulta comunque la volontà del datore di lavoro di non occultare il rapporto anche se diversamente qualificato;
f) Nel caso di irregolarità che determinano l’adozione della maxisanzione, si può ricorrere alla procedura di diffida, di cui all’art.13, D.Lgs. n. 124/2004, prima dell’attuale riforma, espressamente esclusa. La conseguenza di tale rilevante novità è che, qualora il personale ispettivo verifichi ipotesi di lavoro irregolare, deve diffidare il trasgressore e gli eventuali obbligati in solido a regolarizzare la posizione dei lavoratori in nero. La diffida resta inapplicabile per gli extracomunitari privi di permesso di soggiorno e per i minori, in quanto in tali ipotesi la violazione non è sanabile;
g) Alla irrogazione della maxisanzione possono provvedere tutti gli organi di vigilanza  che effettuano accertamenti in materia di lavoro, fisco e previdenza.
I chiarimenti del Ministero.
Il Ministero è intervenuto con la Circolare n. 38 del 12 novembre 2010 per illustrare la nuova maxisanzione contro il lavoro sommerso, come innovata dall’art. 4 della legge 4 novembre 2010, n. 183.
La maxisanzione viene descritta come “misura sanzionatoria aggiuntiva” che va a sommarsi a tutte le altre sanzioni previste nelle ipotesi di irregolare instaurazione del rapporto di lavoro, individuando il presupposto per la identificazione del lavoro sommerso nell’impiego di lavoratori in assenza di comunicazione preventiva di instaurazione del rapporto di lavoro.
Ne consegue che, in caso di applicazione della maxisanzione, deve ritenersi “assorbita” la sanzione di cui all’art. 19, c.3 del D. Lgs. n. 276/2003, per la violazione dell’art. 9-bis, c. 2 del D. Lgs. n. 510/1996, come convertito dalla L. n. 608/1996, da ultimo sostituito dall’articolo unico, c. 1180, L. n. 296/2006.
La sanzione per la omessa o tardiva comunicazione preventiva al Centro per l’impiego, resterà comunque applicabile in tutti gli altri casi in cui non trova applicazione la maxisanzione.
La Nota ministeriale evidenzia la differenza che sussiste fra i presupposti per l’adozione del provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale di cui all’art. 14 del D. Lgs. n. 81/2008, che continua a ricomprendere la generalità dei rapporti di lavoro, anche di tipo non subordinato, svolti senza alcuna regolarizzazione preventiva con documentazione certa e pubblica, stante la natura cautelare della sospensione, che necessariamente prescinde dalla qualificazione giuridica del rapporto di lavoro.
Oggetto della maxisanzione è l’impiego di “lavoratori subordinati senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto” alle dipendenze di datori di lavoro privati o di enti pubblici economici. Nessuna maxisanzione, quindi, sarà consentita per i rapporti di lavoro “genuinamente instaurati con lavoratori autonomi e parasubordinati” per i quali non sia stata effettuata, qualora normativamente prevista, la comunicazione preventiva.
La maxisanzion, tuttavia, dovrà essere applicata con riferimento a tutte le prestazioni di natura subordinata non formalizzate attraverso la comunicazione preventiva, ovvero senza i requisiti documentali preventivi obbligatori, salvo che per i lavoratori domestici addetti con continuità al funzionamento della vita familiare o comunitaria (cfr. Ccnl del 13 febbraio 2007).
Nella fattispecie rappresentata dal lavoratore occasionale accessorio (art. 70, d. lgs. n. 276/2003) e dalle prestazioni rese da soci, coadiuvanti familiari e assimilati (art. 4, c. 1, n. 6 e 7, e 23 del D.P.R. n. 1124/1965), il requisito della subordinazione viene “dato per accertato”, con conseguente applicazione della maxisanzione, quando non sono stati effettuati gli adempimenti formali previsti (denunce all’Inail), salvo che i rapporti risultino genuinamente non subordinati, in tal caso, infatti, la presunzione individuata dal Ministero, al fine di agevolare gli accertamenti, cesserà di operare. Analogamente, per quanto attiene al lavoro autonomo occasionale (art. 2222 c.c.), rispetto al quale la presunzione ai fini dell’applicazione della maxisanzione opera “in assenza della documentazione utile ad una verifica circa la pretesa autonomia del rapporto”, che viene espressamente individuata nelle evidenze documentali tipiche di un genuino lavoro autonomo: iscrizione alla CCIAA, titolarità di partita IVA, produzione di valida documentazione fiscale.
Per le Agenzie di somministrazione di lavoro (che comunicano l’assunzione dei somministrati entro il giorno 20 del mese successivo), si richiama la circolare n. 13 del 9 aprile 2009, per cui la regolare occupazione del lavoratore in missione deve essere dimostrata con l’esibizione del contratto di lavoro o della comunicazione di invio di somministrazione, in mancanza opererà la maxisanzione. Alle istituzioni scolastiche private (che comunicano i rapporti di lavoro entro i 10 giorni successivi, ex art. 2, c. 4, del D.L. n. 147/2007, convertito da L. n. 176/2007) si applica la maxisanzione se non attestano la regolarità della occupazione con la documentazione in essere per inserire nella organizzazione il lavoratore (cfr. interpello n. 32 del 25 marzo 2009).
La maxisanzione opera anche per il lavoro sommerso dei lavoratori extracomunitari clandestini o privi di idoneo permesso di soggiorno e per l’impiego di minori, bambini e adolescenti, privi dei requisiti legalmente richiesti per l’ammissione al lavoro.
Con riferimento alle assunzioni del settore turistico, che possono essere effettuate con una comunicazione preventiva semplificata (dalla quale risultino “la tipologia contrattuale e l’identificazione del prestatore di lavoro”, art. 4, c. 2, della L. n. 183/2010) da integrare entro 3 giorni, la maxisanzione è applicabile solo in mancanza della comunicazione semplificata.
Nel caso di assunzione per eventi straordinari o cause di forza maggiore, dove non è obbligatoria la comunicazione preventiva di instaurazione del rapporto di lavoro (cfr. note n. 440 del 4 gennaio 2007 e n. 4746 del 14 febbraio 2007), la maxisanzione non opera se l’evento risulta imprevedibile in base alle concrete circostanze del caso, avendo determinato l’impossibilità di comunicare i nominativi dei lavoratori da assumere.
La maxisanzione non è applicata se “dagli adempimenti di carattere contributivo precedentemente assolti, si evidenzi, comunque la volontà di non occultare il rapporto, anche se trattasi di differente qualificazione” (art. 3, c.4, D.L. n. 12/2002 novellato). Il personale ispettivo, pertanto, per l’impiego di lavoratori subordinati in assenza della preventiva comunicazione, potrà tener conto, della sola documentazione comprovante l’assolvimento degli obblighi contributivi (DM10, EMENS, UNIEMENS), anche per gestioni previdenziali diverse dal Fondo lavoratori dipendenti, prima dell’intervento ispettivo, senza che rilevino l’esibizione di documentazione come il libro unico del lavoro, il contratto individuale di lavoro (tranne che per i lavoratori somministrati), la tessera personale di riconoscimento, la documentazione assicurativa e fiscale (con l’eccezione  dei lavoratori occasionali autonomi).
Come fatto rilevare supra, non si fa luogo alla maxisanzione se si sono instaurati regolarmente, sul piano formale, rapporti di lavoro non subordinati oggetto di differente qualificazione. Non è soggetto alla maxisanzione neppure il datore di lavoro che, prima di qualsiasi intervento ispettivo o dell’avvio di una conciliazione monocratica, regolarizza spontaneamente e integralmente il rapporto di lavoro privo di preventiva comunicazione.
Coerentemente con il disposto di cui all’art. 116, c.8, lett. b), della L. n. 388/2000, non scatta la maxisanzione se, entro 12 mesi dal termine stabilito per il pagamento dei contributi o premi riferiti al primo periodo di paga (giorno 16 del mese successivo a quello di inizio del rapporto) il datore di lavoro, in assenza di verifiche o controlli, denuncia spontaneamente la situazione debitoria e versa gli importi dovuti per tutto il periodo di irregolare occupazione (entro 30 gg. dalla denuncia), pagando la sanzione civile prevista, comunicando la data di effettiva instaurazione del rapporto. Non opera la maxisanzione (cfr. Circolare n. 20 del 21 agosto 2008) nei casi di ferie o chiusura dei professionisti o degli altri soggetti abilitati cui il datore di lavoro si è affidato per le comunicazioni di assunzione, se provvede ad inviare la comunicazione preventiva come modello UniUrg a mezzo fax.
L’art. 3, c.3, del D. L. n. 12/2002, come modificato dall’art. 4 della Legge n. 183/2010, prevede due distinte ipotesi di sanzione amministrativa:
– da € 1.500 ad € 12.000 per ciascun lavoratore, maggiorata di € 150 per ogni giorno di lavoro effettivo, in caso di lavoro totalmente “in nero”;
- da € 1.000 ad € 8.000 per ciascun lavoratore, maggiorata di € 30 per ogni giorno di lavoro irregolare (ipotesi attenuata), quando il datore di lavoro ha regolarizzato il rapporto successivamente all’instaurazione e solo in parte.
La Circolare n. 38/2010 ricomprende gli importi de quibus nell’ambito di applicazione della procedura di estinzione agevolata degli illeciti amministrativi mediante pagamento della sanzione in misura ridotta (ai sensi dell’art. 16 della L. n. 689/1981).
In dettaglio:
a) € 3.000 per lavoratore oltre a € 50 di maggiorazione giornaliera;
b) € 2.000 per lavoratore oltre a € 10 di maggiorazione giornaliera;
E ancora.
In entrambi i casi si applica la procedura di diffida a regolarizzare ex art. 13 del D. Lgs. n. 124/2004 (tranne che, come riportato precedentemente, per le ipotesi di lavoro irregolare degli extracomunitari senza permesso di soggiorno e dei minori non occupabili), comunicando il giorno di effettiva instaurazione del rapporto di lavoro, versando i contributi e ricorrendo, di norma, a contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato (full-time o part-time non inferiore a 20 ore settimanali). L’ottemperanza alla diffida ammette il trasgressore (o l’obbligato in solido) al pagamento della sanzione ridottissima:
a) € 1.500 per ciascun lavoratore oltre a € 37,50 per ciascuna giornata di lavoro (ipotesi base, lavoro
totalmente in nero);
b) € 1.000 per ciascun lavoratore oltre a € 7,50 per ciascuna giornata di lavoro irregolare (ipotesi attenuata, lavoro parzialmente in nero).
La Circolare n. 38/2010 sottolinea l’intento sotteso al Collegato lavoro di intensificare le capacità di controllo e repressione del lavoro nero con il riconoscimento della competenza ad irrogare la maxisanzione, adottando il relativo provvedimento (verbale unico di accertamento e notificazione ex art. 33 della legge n. 183/2010), a tutti gli organi di vigilanze che effettuano accertamenti in materia di lavoro, fisco e previdenza (Inps, Inail, Enpals, Ipsema, Agenzia delle Entrate, Agenzia delle Dogane, Guardia di Finanza, etc.).
Alla Direzione Provinciale del Lavoro territorialmente competente spetta l’adozione degli ulteriori provvedimenti sanzionatori in materia di lavoro (ex art. 10, c.5, del D. Lgs. n. 124/2004, verificando correttezza e fondatezza degli accertamenti), nonchè, in caso di mancato pagamento della maxisanzione, ricevere il rapporto circostanziato ex art. 17 della legge n. 689/1981, recante tutta la documentazione probatoria.
Il Collegato Lavoro (cfr., nuovo comma 7-bis dell’art. 36 del D. L. n. 223/2006) affida alla Agenzia delle Entrate la competenza ad irrogare la maxisanzione in base al momento della “commissione dell’illecito” e la Circolare n. 38/2010 invita le Direzioni Provinciali del Lavoro ad inviare tempestivamente tutti i fascicoli riferiti ai procedimenti non ancora definiti con ordinanza all’Agenzia.
Il Ministero, sul punto, ha stabilito che:
a) Gli illeciti cessati entro il 12/08/2006 siano di competenze esclusiva dell’ Agenzia delle Entrate;
b) Gli illeciti iniziati anche prima del 12/08/2006 e cessati anteriormente al 24/11/2010 siano di competenza esclusiva Direzioni Provinciali del Lavoro;
c) Gli illeciti iniziati anche prima del 12/08/2006 ma proseguiti oltre il 24/11/2010 siano di competenze di tutti gli organismi di vigilanza.
La Circolare n. 38/2010 sottolinea come la legge n. 183/2010 abbia profondamente modificato la sanzione civile previdenziale prevedendo che in caso di lavoro sommerso la maxisanzione previdenziale opera quale aumento del 50% delle sanzioni civili calcolate ex art. 116 della legge n. 388/2000 (dall’ordinario 30% in ragione di anno, dunque, si passa al 45%).
Il Dicastero rammenta che la maxisanzione civile si applica solo quando all’atto dell’accesso ispettivo i termini per il pagamento di contributi e premi sono già scaduti, nonchè (per la natura risarcitoria delle sanzioni civili previdenziali) che le nuove modalità di calcolo vanno applicate solo in caso di accertamenti avviati dopo il 24 novembre 2010.
La Nota ministeriale del 12 novembre 2010 precisa che per stabilire la disciplina sanzionatoria applicabile il personale ispettivo deve individuare il momento in cui si consuma l’illecito, ovvero indicare il tempo della cessazione della occupazione irregolare.
In particolare:
a) nel caso di condotta cessata prima del 24/11/2010, si applica la maxisanzione da 1.500 a 12.000 € più 150 € di maggiorazione in tutte le ipotesi (anche di lavoro parzialmente in nero);
b) nel caso di condotta proseguita o iniziata dopo il 24/11/2010, si applica la nuova maxisanzione (operando l’ipotesi attenuata da 1.000 a 8.000 più 30 € di maggiorazione giornaliera per le ipotesi di lavoro parzialmente in nero).
Se le persone fisiche che rivestono la figura di trasgressore sono differenti nel tempo, durante la prosecuzione della illecita occupazione irregolare dei lavoratori, la maxisanzione deve essere applicata a tutti i trasgressori per la base sanzionatoria, ma la maggiorazione giornaliera deve essere calcolata distintamente, sanzionando ciascuno per l’effettivo periodo di lavoro irregolare.
Infine la Circolare n. 38/2010 estende la possibilità di adottare la diffida a regolarizzare a tutti gli accertamenti in corso alla data del 24/11/2010 che non siano ancora conclusi con verbale di accertamento e notificazione, nonchè le nuove modalità di calcolo della sanzione in misura ridotta.
Analogamente, le nuove procedure di calcolo della sanzione in misura ridotta devono essere applicate nei procedimenti sanzionatori oggetto di rapporto al Direttore della Direzione Provinciale del lavoro nella determinazione della maxisanzione in sede di ordinanza-ingiunzione.

BREVI CONSIDERAZIONI

Alla luce di quanto sopra esposto, appare evidente che il legislatore, intervenendo sull’apparato sanzionatorio volto al contrasto del lavoro sommerso, abbia tenuto debitamente conto della semplificazione amministrativa in materia di adempimenti connessi alle assunzioni, realizzata nelle ultime legislature.
Infatti, la lotta al dc. Lavoro nero si è spostata dalla verifica sulle scritture o sulla documentazione obbligatoria al corretto espletamento delle comunicazioni telematiche preventive di instaurazione del rapporto di lavoro, rese obbligatorie dal 1 marzo 2008, in conseguenza del D.I. 30 ottobre 2007, n. 29026, attuativo dell’art. unico, commi 1180-1185, L. n. 296/2006.
Il Collegato lavoro, inoltre, tende alla differenziazione delle misure sanzionatorie per coloro che rifiutano qualsiasi regolarizzazione, fosse anche parziale o tardiva e riconduce ad equità la reazione punitiva.
Di rilievo anche la possibilità per gli organi di vigilanza di diffidare alla immediata regolarizzazione dei rapporti di lavoro e il contestuale aumento dei soggetti titolari del potere di contestazione della maxisaznione.
Alcuni aspetti della novella destano tuttavia più di una perplessità.
Appare infatti evidente l’ incompatibilità tra la maxisanzione e la sospensione dell’attività.
Ed invero, la restrizione del campo di applicazione della maxisanzione al solo lavoro irregolare subordinato pone il problema della compatibilità con quest’ultima della diversa sanzione della sospensione dell’attività imprenditoriale, prevista dall’art. 14, D.Lgs. n. 81/2008, che si applica anche alle violazioni commesse in relazione a rapporti di lavoro non subordinati, in quanto il legislatore ha inteso prescindere per quest’ultima sanzione dalla qualificazione giuridica del rapporto di lavoro, con l’effetto che l’impiego irregolare di lavoro non subordinato è sanzionabile con la sospensione ma non anche con la maxisanzione (cfr., Circolare n. 38/2010).
Al fine di regolarizzare i rapporti di lavoro per ottenere, da un lato, la revoca del provvedimento di sospensione e,. dall’altro lato, l’ammissione al pagamento della maxisanzione nella misura minima, la Circolare n. 33/2009 consente la revoca della sospensione a condizione che si regolarizzino i rapporti di lavoro oggetto di contestazione, utilizzando qualsiasi tipologia contrattuale, purché non sia richiesta la forma scritta (cfr., Circolare n. 33/2009). Ne consegue che la regolarizzazione con l’utilizzo di fattispecie di lavoro non subordinato potrebbe consentire la revoca della sospensione, ma non anche di ottemperare alla diffida impartita dagli organi ispettivi di procedere alla regolarizzazione utilizzando la fattispecie del lavoro subordinato, in tal modo perdendo la possibilità del pagamento della maxisanzione nella misura minima.
La Corte Costituzionale, peraltro, ha dichiarato l’illegittimità dell’art 14, comma 1, D.Lgs. n. 81/2008 nella parte in cui, stabilendo che ai provvedimenti di sospensione non si applicano le disposizioni della L. 7 agosto 1990, n. 241, esclude l’applicazione ai medesimi provvedimenti dell’art. 3, comma 1, della citata legge, che obbliga la pubblica amministrazione di motivare i provvedimenti amministrativi (cfr.,C. Cost. 2 novembre 2010, n. 310).
Ulteriori perplessità desta la disciplina della minisanzione per il lavoro irregolare successivamente regolarizzato.
Come fatto rilevare, la minisanzione si sostanzia in una  riduzione della maxisanzione “nel caso in cui il lavoratore risulti regolarmente occupato per un periodo lavorativo successivo”. Infatti, ivi si prevede che l’importo della sanzione vada da € 1.000 a € 8.000 per ciascun lavoratore irregolare, maggiorato di € 30 per ciascuna giornata di lavoro irregolare.
Non si comprende tuttavia perché l’abbattimento sia pari ad un terzo per la sanzione e ad un quinto per la maggiorazione giornaliera della stessa e, soprattutto, non si comprende l’omessa quantificazione del “periodo lavorativo successivo”, non potendosi infatti escludere che anche un giorno di regolarizzazione possa consentire l’applicazione della minisanzione.
E ancora.
Secondo la Legge Bersani, era la Direzione provinciale del lavoro INCLUDEPICTURE  “http://gfx.leggiditalia.it/gfx/ft_next.jpg” d  territorialmente competente ad ‘ irrogare la sanzione amministrativa di cui al comma 3; ora è prevista la competenza degli organi di vigilanza che effettuano accertamenti in materia di INCLUDEPICTURE  “http://gfx.leggiditalia.it/gfx/ft_prev.jpg” d  lavoro (Dpl), fisco (Agenzia delle entrate) e previdenza (Inps, Inail, etc).
Nel corso dell’iter parlamentare, è stata espunta la disposizione che riservava al Giudice ordinario la competenza per le relative opposizioni, consentendo così l’impugnazione dinanzi a diversi organi giurisdizionali in base all’organo che irroga la sanzione (Commissione Tributaria Provinciale per provvedimenti dell’Agenzia delle Entrate, Giudice ordinario per provvedimenti della Dpl e degli Enti previdenziali), con conseguenti dubbi di legittimità costituzionale in considerazione della diversità del rito: ad esempio, la prova testimoniale, essenziale al fine della qualificazione di un rapporto di lavoro, non è ammessa  INCLUDEPICTURE  “http://gfx.leggiditalia.it/gfx/ft_next.jpg” d davanti alle Commissioni tributarie.
Si può tuttavia affermare che, malgrado ciò, i principi elaborati dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 130/2008, militano a favore di un radicamento della competenza per le relative opposizioni in capo al giudice ordinario.

BIBLIOGRAFIA
A. Vallebona, Una buona svolta del diritto del lavoro: il “collegato” 2010, in Mass. giur. lav., 2010, 213.
Collegato lavoro. Commento alla  HYPERLINK “http://bd01.leggiditalia.it/cgi-bin/FulShow?TIPO=5&NOTXT=1&KEY=01LX0000743367″legge 4 novembre 2010 n. 183, a cura di Tiraboschi, in I libri di Guida lav., 2010.
A. Millo, Alcune riflessioni sulla nuova “maxisanzione” dopo la circolare del Ministero del lavoro n. 38, in La Circolare di Lavoro e previdenza, 13 dicembre 2010, n. 48, 11 ss.

GIURISPRUDENZA

Cass. Sez. Unite, sent. n. 356 del 13 gennaio 2010
In materia di sanzioni amministrative pecuniarie non si applica il principio di retroattività della legge più favorevole, previsto dall’art. 3 del d.lgs. n. 472 del 1997soltanto per le infrazioni valutarie e tributarie, e ciò tenuto conto della peculiarità sostanziale che caratterizza le rispettive materie. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto non applicabile, alle sanzioni amministrative in materia di omessa registrazione nelle scritture contabili dei lavoratori dipendenti, previste dal terzo comma dell’art. 3 del d.l. 22 febbraio 2002, n. 12, conv. In legge 23 aprile 2002, n. 73, la modifica apportata a detta norma dall’art. 36-bis, comma 7, del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, conv. in legge 8 aprile 2006, n. 248 e più favorevole al contribuente). (Rigetta, Comm. Trib. Reg. Venezia, 19/04/2007)

Cass., Sez. V, sent. n. 26873 del 21 dicembre 2009.

La disposizione dell’art. 36-bis, comma 7, lett. a), del d.l. 4 luglio 2006 n. 223, conv. in legge 24 agosto 2006, n. 248, ancorché inserita in un testo che riguarda il contrasto al lavoro nero nel settore edilizio, modifica in via generale l’art. 3 del d.l. 22 febbraio 2002, n. 12, mutandone radicalmente il sistema sanzionatorio e collegando l’inasprimento della sanzione a ciascuna giornata di lavoro effettivo. Il nuovo regime sanzionatorio, più favorevole ai contravventori, si applica anche alle infrazioni commesse prima della sua entrata in vigore, sia perchè, essendo la sanzione irrogata dagli uffici finanziari, trova applicazione il principio del “favor rei” previsto dall’art. 3 del d.lgs. n. 472 del 1997, sia perchè la nuova norma va a colmare la lacuna creatasi con la declaratoria di incostituzionalità dell’art. 3 deld.l. n. 12 cit. (cfr. Corte cost., sent. n. 144 del 2005). (Cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Milano, 12/04/2007).

C.Cost., 12 aprile 2005, n. 144

L’art. 3, 3° comma, del D.L. 22 febbraio 2002, n. 12, convertito in legge con modificazioni dall’art.1, L. 23 aprile 2002, n. 73 (secondo il quale il datore di lavoro che impieghi lavoratori dipendenti non risultanti dalle scritture o altra documentazione obbligatorie, è soggetto ad una sanzione amministrativa pari ad una somma compresa tra il 200 ed il 400 per cento dell’importo, per ciascun lavoratore irregolare, del costo del lavoro calcolato sulla base dei vigenti contratti collettivi nazionali, per il periodo compreso tra l’inizio dell’anno e la data di constatazione della violazione) è costituzionalmente illegittimo, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui non ammette la possibilità di provare che il rapporto di lavoro irregolare ha avuto inizio successivamente al 1° gennaio dell’anno in cui è stata contestata la violazione.

LEGISLAZIONE
L.  4 novembre 2010, n. 183
Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l’impiego, di incentivi all’occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro.
Pubblicata nella Gazz. Uff. 9 novembre 2010, n. 262, S.O.

Art. 4 Misure contro il lavoro sommerso
1. All’articolo 3 del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2002, n. 73, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 3 è sostituito dal seguente:
«3. Ferma restando l’applicazione delle sanzioni già previste dalla normativa in vigore, in caso di impiego di lavoratori subordinati senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro privato, con la sola esclusione del datore di lavoro domestico, si applica altresì la sanzione amministrativa da euro 1.500 a euro 12.000 per ciascun lavoratore irregolare, maggiorata di euro 150 per ciascuna giornata di lavoro effettivo. L’importo della sanzione è da euro 1.000 a euro 8.000 per ciascun lavoratore irregolare, maggiorato di euro 30 per ciascuna giornata di lavoro irregolare, nel caso in cui il lavoratore risulti regolarmente occupato per un periodo lavorativo successivo. L’importo delle sanzioni civili connesse all’evasione dei contributi e dei premi riferiti a ciascun lavoratore irregolare di cui ai periodi precedenti è aumentato del 50 per cento»;
b)  il comma 4 è sostituito dal seguente:
«4. Le sanzioni di cui al comma 3 non trovano applicazione qualora, dagli adempimenti di carattere contributivo precedentemente assolti, si evidenzi comunque la volontà di non occultare il rapporto, anche se trattasi di differente qualificazione»;
c)  il comma 5 è sostituito dal seguente:
«5. All’irrogazione delle sanzioni amministrative di cui al comma 3 provvedono gli organi di vigilanza che effettuano accertamenti in materia di lavoro, fisco e previdenza. Autorità competente a ricevere il rapporto ai sensi dell’ articolo 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689, è la Direzione provinciale del lavoro territorialmente competente».
2. Al comma 2 dell’articolo 9-bis del decreto-legge 1° ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608, dopo il secondo periodo è inserito il seguente: «Nel settore turistico il datore di lavoro che non sia in possesso di uno o più dati anagrafici inerenti al lavoratore può integrare la comunicazione entro il terzo giorno successivo a quello dell’instaurazione del rapporto di lavoro, purché dalla comunicazione preventiva risultino in maniera inequivocabile la tipologia contrattuale e l’identificazione del prestatore di lavoro».
3. Al comma 7-bis dell’articolo 36-bis del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, introdotto dall’ articolo 1, comma 54, della legge 24 dicembre 2007, n. 247, la parola: «constatate» è sostituita dalla seguente: «commesse».
D.L. 22 febbraio 2001, n. 12
Disposizioni urgenti per il completamento delle operazioni di emersione di attività detenute all’estero e di lavoro irregolare.
Pubblicato nella Gazz. Uff. 23 febbraio 2002, n. 46.

3. Modifiche alle disposizioni in materia di lavoro irregolare.
1. Alla legge 18 ottobre 2001, n. 383, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 1:
1) al comma 1, le parole: «30 giugno 2002» sono sostituite dalle seguenti: «30 novembre 2002»;
2) al comma 2, dopo le parole: «Per il periodo di imposta» sono inserite le seguenti: «successivo a quello»;
3) al comma 2, lettera a), primo periodo, le parole: «rispetto a quello relativo al periodo d’imposta precedente» sono sostituite dalle seguenti: «rispetto a quello relativo al secondo periodo d’imposta precedente»;
4) … (1);
5) … (2);
6) al comma 4, le parole: «30 giugno 2002», ovunque ricorrono, sono sostituite dalle seguenti: «30 novembre 2002»;
7) … (3);
8) … (4);
b) … (5);
c) all’articolo 3, comma 1, le parole: «di cui all’articolo 1 e degli altri modelli di dichiarazione» sono sostituite dalle seguenti: «di cui agli articoli 1 e 1-bis e degli altri modelli di dichiarazione».
2. Per i soggetti che hanno presentato la dichiarazione di emersione prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto resta ferma l’applicazione del regime di incentivo fiscale per il periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore della citata legge n. 383 del 2001, e per i due successivi; per i medesimi soggetti si applicano le disposizioni di maggiore favore recate dai commi 2-bis, 2-ter e 4-bis dell’articolo 1 della legge n. 383 del 2001, introdotte con il comma 1, lettera a), del presente articolo.
3. Ferma restando l’applicazione delle sanzioni già previste dalla normativa in vigore, in caso di impiego di lavoratori subordinati senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro privato, con la sola esclusione del datore di lavoro domestico, si applica altresì la sanzione amministrativa da euro 1.500 a euro 12.000 per ciascun lavoratore irregolare, maggiorata di euro 150 per ciascuna giornata di lavoro effettivo. L’importo della sanzione è da euro 1.000 a euro 8.000 per ciascun lavoratore irregolare, maggiorato di euro 30 per ciascuna giornata di lavoro irregolare, nel caso in cui il lavoratore risulti regolarmente occupato per un periodo lavorativo successivo. L’importo delle sanzioni civili connesse all’evasione dei contributi e dei premi riferiti a ciascun lavoratore irregolare di cui ai periodi precedenti è aumentato del 50 per cento (6) (7).
4. Le sanzioni di cui al comma 3 non trovano applicazione qualora, dagli adempimenti di carattere contributivo precedentemente assolti, si evidenzi comunque la volontà di non occultare il rapporto, anche se trattasi di differente qualificazione (8).
5. All’irrogazione delle sanzioni amministrative di cui al comma 3 provvedono gli organi di vigilanza che effettuano accertamenti in materia di lavoro, fisco e previdenza. Autorità competente a ricevere il rapporto ai sensi dell’articolo 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689, è la Direzione provinciale del lavoro territorialmente competente (9) (10) (11).

(1) Sostituisce il comma 2-bis all’art. 1, L. 18 ottobre 2001, n. 383.
(2)  Sostituisce il primo periodo al comma 2-ter dell’art. 1, L. 18 ottobre 2001, n. 383.
(3)  Aggiunge il comma 4-bis all’art. 1, L. 18 ottobre 2001, n. 383.
(4)   Sostituisce il comma 7 dell’art. 1, L. 18 ottobre 2001, n. 383.
(5)  Aggiunge l’art. 1-bis alla L. 18 ottobre 2001, n. 383.
(6) Comma così sostituito prima dal comma 7 dell’art. 36-bis, D.L. 4 luglio 2006, n. 223, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, e poi dalla letteraa) del comma 1 dell’art. 4, L. 4 novembre 2010, n. 183. Vedi, anche, il comma 7-bis del citato art. 36-bis, aggiunto dal comma 54 dell’art. 1, L. 24 dicembre 2007, n. 247. Peraltro la Corte costituzionale, con sentenza 4-12 aprile 2005, n. 144 (Gazz. Uff. 20 aprile 2005, n. 16 – Prima Serie speciale), aveva dichiarato l’illegittimità del presente comma, nel testo precedentemente in vigore, nella parte in cui non ammetteva la possibilità di provare che il rapporto di lavoro irregolare aveva avuto inizio successivamente al primo gennaio dell’anno in cui era stata constatata la violazione.
(7) La Corte costituzionale, con ordinanza 23 gennaio-1° febbraio 2006, n. 35 (Gazz. Uff. 8 febbraio 2006, n. 6, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, sollevata in relazione all’art. 3 Cost.; ha inoltre dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 3, in relazione all’art. 2, comma 1, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, sollevata per contrasto con l’art. 102, secondo comma, nonché con la VI disposizione transitoria della Costituzione; ha infine dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 3 sollevata in relazione agli artt. 3, 24 e 27 della Costituzione.
(8)  Comma così sostituito dalla lettera b) del comma 1 dell’art. 4, L. 4 novembre 2010, n. 183.
(9) Comma così sostituito prima dal comma 7 dell’art. 36-bis, D.L. 4 luglio 2006, n. 223, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, e poi dalla letterac) del comma 1 dell’art. 4, L. 4 novembre 2010, n. 183.
(10) Articolo così sostituito dalla legge di conversione 23 aprile 2002, n. 73. Per la proroga del termine per la notifica delle sanzioni previste dal presente articolo vedi il comma 1 dell’art. 7, D.L. 31 dicembre 2007, n. 248.
(11) La Corte costituzionale, con ordinanza 23 gennaio-1° febbraio 2006, n. 34 (Gazz. Uff. 8 febbraio 2006, n. 6, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 5, sollevata in relazione agli artt. 24, 25 e 102 della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 5, sollevata, in relazione all’art. 24 Cost. La stessa Corte, con successiva ordinanza 19-23 novembre 2007, n. 394 (Gazz. Uff. 28 novembre 2007, n. 46, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 5, convertito con modificazioni dalla legge 23 aprile 2002, n. 73, sollevata in riferimento all’art. 3 della Costituzione. La Corte, con altra ordinanza 26-30 gennaio 2009, n. 22 (Gazz. Uff. 4 febbraio 2009, n. 5, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 3, convertito in legge dall’art. 1 della legge 23 aprile 2002, n. 73 sollevate in riferimento agli artt. 3, 24, 102 e 103 della Costituzione.

D.L. 25 giugno 2008, n. 112
Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria.
Pubblicato nella Gazz. Uff. 25 giugno 2008, n. 147, S.O.

Art. 39. Adempimenti di natura formale nella gestione dei rapporti di lavoro
1.Il datore di lavoro privato, con la sola esclusione del datore di lavoro domestico, deve istituire e tenere il libro unico del lavoro nel quale sono iscritti tutti i lavoratori subordinati, i collaboratori coordinati e continuativi e gli associati in partecipazione con apporto lavorativo. Per ciascun lavoratore devono essere indicati il nome e cognome, il codice fiscale e, ove ricorrano, la qualifica e il livello, la retribuzione base, l’anzianità di servizio, nonché le relative posizioni assicurative.
2. Nel libro unico del lavoro deve essere effettuata ogni annotazione relativa a dazioni in danaro o in natura corrisposte o gestite dal datore di lavoro, compresi le somme a titolo di rimborso spese, le trattenute a qualsiasi titolo effettuate, le detrazioni fiscali, i dati relativi agli assegni per il nucleo familiare, le prestazioni ricevute da enti e istituti previdenziali. Le somme erogate a titolo di premio o per prestazioni di lavoro straordinario devono essere indicate specificatamente. Il libro unico del lavoro deve altresì contenere un calendario delle presenze, da cui risulti, per ogni giorno, il numero di ore di lavoro effettuate da ciascun lavoratore subordinato, nonché l’indicazione delle ore di straordinario, delle eventuali assenze dal lavoro, anche non retribuite, delle ferie e dei riposi. Nella ipotesi in cui al lavoratore venga corrisposta una retribuzione fissa o a giornata intera o a periodi superiori è annotata solo la giornata di presenza al lavoro. (1)
3. Il libro unico del lavoro deve essere compilato coi dati di cui ai commi 1 e 2, per ciascun mese di riferimento, entro il giorno 16 del mese successivo.
4. Il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali stabilisce, con decreto da emanarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, le modalità e tempi di tenuta e conservazione del libro unico del lavoro e disciplina il relativo regime transitorio (4).
5. Con la consegna al lavoratore di copia delle scritturazioni effettuate nel libro unico del lavoro il datore di lavoro adempie agli obblighi di cui alla legge 5 gennaio 1953, n. 4.
6. La violazione dell’obbligo di istituzione e tenuta del libro unico del lavoro di cui al comma 1 è punita con la sanzione pecuniaria amministrativa da 500 a 2.500 euro. L’omessa esibizione agli organi di vigilanza del libro unico del lavoro è punita con la sanzione pecuniaria amministrativa da 200 a 2.000 euro. I soggetti di cui all’articolo 1, quarto comma, della legge 11 gennaio 1979, n. 12, che, senza giustificato motivo, non ottemperino entro quindici giorni alla richiesta degli organi di vigilanza di esibire la documentazione in loro possesso sono puniti con la sanzione amministrativa da 250 a 2000 euro. In caso di recidiva della violazione la sanzione varia da 500 a 3000 euro. (1)
7. Salvo i casi di errore meramente materiale, l’omessa o infedele registrazione dei dati di cui ai commi 1 e 2 che determina differenti trattamenti retributivi, previdenziali o fiscali è punita con la sanzione pecuniaria amministrativa da 150 a 1500 euro e se la violazione si riferisce a più di dieci lavoratori la sanzione va da 500 a 3000 euro. La violazione dell’obbligo di cui al comma 3 è punita con la sanzione pecuniaria amministrativa da 100 a 600 euro, se la violazione si riferisce a più di dieci lavoratori la sanzione va da 150 a 1500 euro. La mancata conservazione per il termine previsto dal decreto di cui al comma 4 è punita con la sanzione pecuniaria amministrativa da 100 a 600 euro. Alla contestazione delle sanzioni amministrative di cui al presente comma provvedono gli organi di vigilanza che effettuano accertamenti in materia di lavoro e previdenza. Autorità competente a ricevere il rapporto ai sensi dell’articolo 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689 è la Direzione provinciale del lavoro territorialmente competente.
8. Il primo periodo dell’articolo 23 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124 è sostituito dal seguente: «Se ai lavori sono addette le persone indicate dall’articolo 4, primo comma, numeri 6 e 7, il datore di lavoro, anche artigiano, qualora non siano oggetto di comunicazione preventiva di instaurazione del rapporto di lavoro di cui all’articolo 9-bis, comma 2, del decreto-legge 1° ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, nellalegge 28 novembre 1996, n. 608, e successive modificazioni, deve denunciarle, in via telematica o a mezzo fax, all’Istituto assicuratore nominativamente, prima dell’inizio dell’attività lavorativa, indicando altresì il trattamento retributivo ove previsto». (1)
9. Alla legge 18 dicembre 1973, n. 877 sono apportate le seguenti modifiche: a) nell’articolo 2, è abrogato il comma 3; b) nell’articolo 3, i commi da 1 a 4 e 6 sono abrogati, il comma 5 è sostituito dal seguente: «Il datore di lavoro che faccia eseguire lavoro al di fuori della propria azienda è obbligato a trascrivere il nominativo ed il relativo domicilio dei lavoratori esterni alla unità produttiva, nonché la misura della retribuzione nel libro unico del lavoro»; c) nell’articolo 10, i commi da 2 a 4 sono abrogati, il comma 1 è sostituito dal seguente: «Per ciascun lavoratore a domicilio, il libro unico del lavoro deve contenere anche le date e le ore di consegna e riconsegna del lavoro, la descrizione del lavoro eseguito, la specificazione della quantità e della qualità di esso»; d) nell’articolo 13, i commi 2 e 6 sono abrogati, al comma 3 sono abrogate le parole «e 10, primo comma», al comma 4 sono abrogate le parole «3, quinto e sesto comma, e 10, secondo e quarto comma».
10. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogati, fermo restando quanto previsto dal decreto di cui al comma 4: (2)
a)  l’articolo 134 del regolamento di cui al regio decreto 28 agosto 1924, n. 1422; (3)
b) l’articolo 7 della legge 9 novembre 1955, n. 1122;
c) gli articoli 39 e 41 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1955, n. 797; (3)
d) il decreto del Presidente della Repubblica 24 settembre 1963, n. 2053;
e)  gli articoli 20, 21, 25 e 26 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124; (3)
f)  l’articolo 42 della legge 30 aprile 1969, n. 153;
g) la legge 8 gennaio 1979, n. 8;
h) il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 21 gennaio 1981, n. 179;(3)
i) l’articolo 9-quater del decreto-legge 1° ottobre 1996, n. 510, convertito con modificazioni dalla legge 28 novembre 1996, n. 608; (3)
j) il comma 1178 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296;
k) il decreto ministeriale 30 ottobre 2002, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 282 del 2 dicembre 2002; (3)
l) la legge 17 ottobre 2007, n. 188;
m)  i commi 32, lettera d), 38, 45, 47, 48, 49, 50, dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 247;
n)  i commi 1173 e 1174 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
11. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto trovano applicazione gli articoli 14, 33, 34, 35, 36, 37, 38, 39, 40 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 e successive modifiche e integrazioni.
12. Alla lettera h) dell’articolo 55, comma 4, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, le parole «degli articoli 18, comma 1, lettera u)» sono soppresse.

(1) Comma così modificato dalla legge di conversione 6 agosto 2008, n. 133.
(2) Alinea così modificato dalla legge di conversione 6 agosto 2008, n. 133.
(3) Lettera così modificata dalla legge di conversione 6 agosto 2008, n. 133.
(4) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 9 luglio 2008.

D.L. 4 luglio 2006, n. 223
Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonchè interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale.
Pubblicato nella Gazz. Uff. 4 luglio 2006, n. 153.

36-bis. Misure urgenti per il contrasto del lavoro nero e per la promozione della sicurezza nei luoghi di lavoro.
1. [Al fine di garantire la tutela della salute e la sicurezza dei lavoratori nel settore dell’edilizia, nonchè al fine di contrastare il fenomeno del lavoro sommerso ed irregolare ed in attesa dell’adozione di un testo unico in materia di sicurezza e salute dei lavoratori, ferme restando le attribuzioni del coordinatore per l’esecuzione dei lavori di cui all’articolo 5, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494, e successive modificazioni, nonchè le competenze in tema di vigilanza attribuite dalla legislazione vigente in materia di salute e sicurezza, il personale ispettivo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, anche su segnalazione dell’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) e dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), può adottare il provvedimento di sospensione dei lavori nell’ambito dei cantieri edili qualora riscontri l’impiego di personale non risultante dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria, in misura pari o superiore al 20 per cento del totale dei lavoratori regolarmente occupati nel cantiere ovvero in caso di reiterate violazioni della disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale, di cui agli articoli 4, 7 e 9 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, e successive modificazioni. I competenti uffici del Ministero del lavoro e della previdenza sociale informano tempestivamente i competenti uffici del Ministero delle infrastrutture dell’adozione del provvedimento di sospensione al fine dell’emanazione da parte di questi ultimi di un provvedimento interdittivo alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni ed alla partecipazione a gare pubbliche di durata pari alla citata sospensione nonchè per un eventuale ulteriore periodo di tempo non inferiore al doppio della durata della sospensione, e comunque non superiore a due anni. A tal fine, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il Ministero delle infrastrutture e il Ministero del lavoro e della previdenza sociale predispongono le attività necessarie per l’integrazione dei rispettivi archivi informativi e per il coordinamento delle attività di vigilanza ed ispettive in materia di prevenzione e sicurezza dei lavoratori nel settore dell’edilizia] (1).
2. [È condizione per la revoca del provvedimento da parte del personale ispettivo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale di cui al comma 1:
a) la regolarizzazione dei lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria;
b) l’accertamento del ripristino delle regolari condizioni di lavoro nelle ipotesi di reiterate violazioni alla disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale, di cui al decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, e successive modificazioni. È comunque fatta salva l’applicazione delle sanzioni penali e amministrative vigenti;
b-bis) il pagamento di una sanzione amministrativa aggiuntiva rispetto a quelle di cui alla lettera b), ultimo periodo, pari ad un quinto delle sanzioni amministrative complessivamente irrogate (2)] (3).
3. Nell’ambito dei cantieri edili i datori di lavoro debbono munire, a decorrere dal 1° ottobre 2006, il personale occupato di apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l’indicazione del datore di lavoro. I lavoratori sono tenuti ad esporre detta tessera di riconoscimento. Tale obbligo grava anche in capo ai lavoratori autonomi che esercitano direttamente la propria attività nei cantieri, i quali sono tenuti a provvedervi per proprio conto. Nei casi in cui siano presenti contemporaneamente nel cantiere più datori di lavoro o lavoratori autonomi, dell’obbligo risponde in solido il committente dell’opera.
4. I datori di lavoro con meno di dieci dipendenti possono assolvere all’obbligo di cui al comma 3 mediante annotazione, su apposito registro di cantiere vidimato dalla Direzione provinciale del lavoro territorialmente competente da tenersi sul luogo di lavoro, degli estremi del personale giornalmente impiegato nei lavori. Ai fini del presente comma, nel computo delle unità lavorative si tiene conto di tutti i lavoratori impiegati a prescindere dalla tipologia dei rapporti di lavoro instaurati, ivi compresi quelli autonomi per i quali si applicano le disposizioni di cui al comma 3.
5. La violazione delle previsioni di cui ai commi 3 e 4 comporta l’applicazione, in capo al datore di lavoro, della sanzione amministrativa da euro 100 ad euro 500 per ciascun lavoratore. Il lavoratore munito della tessera di riconoscimento di cui al comma 3 che non provvede ad esporla è punito con la sanzione amministrativa da euro 50 a euro 300. Nei confronti delle predette sanzioni non è ammessa la procedura di diffida di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124.
6. L’articolo 86, comma 10-bis, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, è sostituito dal seguente:
«10-bis. Nei casi di instaurazione di rapporti di lavoro nel settore edile, i datori di lavoro sono tenuti a dare la comunicazione di cui all’articolo 9-bis, comma 2, del decreto-legge 1° ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608, e successive modificazioni, il giorno antecedente a quello di instaurazione dei relativi rapporti, mediante documentazione avente data certa».
7. All’articolo 3 del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2002, n. 73, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 3 è sostituito dal seguente:
«3. Ferma restando l’applicazione delle sanzioni già previste dalla normativa in vigore, l’impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria è altresì punito con la sanzione amministrativa da euro 1.500 a euro 12.000 per ciascun lavoratore, maggiorata di euro 150 per ciascuna giornata di lavoro effettivo. L’importo delle sanzioni civili connesse all’omesso versamento dei contributi e premi riferiti a ciascun lavoratore di cui al periodo precedente non può essere inferiore a euro 3.000, indipendentemente dalla durata della prestazione lavorativa accertata.»;
b) il comma 5 è sostituito dal seguente:
«5. Alla irrogazione della sanzione amministrativa di cui al comma 3 provvede la Direzione provinciale del lavoro territorialmente competente. Nei confronti della sanzione non è ammessa la procedura di diffida di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124».
7-bis. L’adozione dei provvedimenti sanzionatori amministrativi di cui all’articolo 3 del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2002, n. 73, relativi alle violazioni commesse prima della data di entrata in vigore del presente decreto, resta di competenza dell’Agenzia delle entrate ed è soggetta alle disposizioni del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, e successive modificazioni, ad eccezione del comma 2 dell’articolo 16 (4).
8. Le agevolazioni di cui all’articolo 29 del decreto-legge 23 giugno 1995, n. 244, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1995, n. 341, trovano applicazione esclusivamente nei confronti dei datori di lavoro del settore edile in possesso dei requisiti per il rilascio della certificazione di regolarità contributiva anche da parte delle Casse edili. Le predette agevolazioni non trovano applicazione nei confronti dei datori di lavoro che abbiano riportato condanne passate in giudicato per la violazione della normativa in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro per la durata di cinque anni dalla pronuncia della sentenza.
9. Al comma 213-bis dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Le predette disposizioni non si applicano, inoltre, al personale ispettivo del lavoro del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, dell’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) e dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL)».
10. All’articolo 10, comma 1, del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124, dopo le parole: «Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione» sono inserite le seguenti: «, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano,».
11. Il termine di prescrizione di cui all’articolo 3, comma 9, lettera a), della legge 8 agosto 1995, n. 335, relativo ai periodi di contribuzione per l’anno 1996, di pertinenza della gestione di cui all’articolo 2, comma 26, della predetta legge n. 335 del 1995, è prorogato fino al 31 dicembre 2007.
12. Nell’ambito del Fondo per l’occupazione di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, le risorse destinate alla finalità di cui all’articolo 1, comma 410, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, sono ridotte da 480 milioni di euro a 456 milioni di euro e sono corrispondentemente aumentate da 63 milioni di euro a 87 milioni di euro le risorse destinate alla finalità di cui all’articolo 1, comma 1, deldecreto-legge 5 ottobre 2004, n. 249, convertito, con modificazioni, dalla
legge 3 dicembre 2004, n. 291, e successive modificazioni (5).

(1) Comma abrogato dall’art. 304, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81.
(2) Lettera aggiunta dall’art. 5, L. 3 agosto 2007, n. 123.
(3) Comma abrogato dall’art. 304, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81.
(4) Comma aggiunto dal comma 54 dell’art. 1, L. 24 dicembre 2007, n. 247 e poi così modificato dall’art. 4, comma 3, L. 4 novembre 2010, n. 183. Vedi, anche, i commi 92 e 94 del citato articolo 1 della legge n. 247 del 2007.
(5)  Articolo aggiunto dalla legge di conversione 4 agosto 2006, n. 248.