Il nome, tutelato dalla Costituzione quale diritto inviolabile dell’uomo, è un diritto essenziale che spetta ad ogni persona. E’ classificato come un diritto della personalità, quindi personalissimo.
L’articolo 6 del codice civile “Diritto al nome” detta tre principi:
1) Il diritto di ogni persona ad avere un nome attribuito per legge. Un diritto che si acquisisce al momento della formazione dell’atto di nascita e contemporaneamente si acquista lo status di figlio legittimo, naturale o di figlio di ignoti. Questo determinazione di filiazione è molto importante ai fini dell’attribuzione del cognome.
2) la suddivisione del nome in prenome e cognome, cioè di quegli elementi necessari ad individuare la persona. Il prenome, è il nome individuale di una persona, meglio conosciuto anche come nome proprio o di battesimo e che maggiormente identifica la persona. Il cognome, invece, è il nome di “famiglia”, quello che indica l’appartenenza di una persona ad un determinato gruppo di famiglia o discendenza.
3) il divieto di cambiamenti, aggiunte o rettifiche al nome, se non nei casi e nelle forme previste dalla legge.
L’art. 6 del Codice civile recita invero al terzo comma che “non sono ammessi cambiamenti, aggiunte, o rettifiche al nome, se non nei casi e con le formalità dalla legge indicati”.
Si tratta, insomma, dell’enunciazione chiara del principio dell’immodificabilità del nome. Dalla lettura della norma emerge infatti la volontà del legislatore di attribuire a ciascun soggetto un diritto al nome che sia certo e soprattutto stabile, assoggettando a precise regole la sua modificazione. La precedente normativa obbligava infatti chiunque volesse cambiare il cognome od aggiungere al proprio un altro cognome a ricorrere al procedimento di rettificazione, al quale non erano previste deroghe. Oggi invece, l’interessato può farne richiesta al Ministero dell’Interno per il tramite del Prefetto della provincia in cui egli risiede, esponendo le ragioni della domanda (art. 84 o.s.c.).
La prima novità in siffatto ambito del nuovo Regolamento dello stato civile (D.P.R. 3-11-2000 n. 396 Regolamento per la revisione e la semplificazione dell’ordinamento dello stato civile, a norma dell’articolo 2, comma 12, della L. 15 maggio 1997, n. 127.
Pubblicato nella Gazz. Uff. 30 dicembre 2000, n. 303, S.O.) è dettata, insomma, dall’esigenza ancora una volta di semplificazione dei procedimenti amministrativi. L’art. 89 o.s.c. recita inoltre che “salvo quanto disposto per le rettificazioni, chiunque vuole cambiare il nome o aggiungere al proprio un altro nome ovvero vuole cambiare, il cognome perché ridicolo o vergognoso o perché rivela origine naturale deve farne domanda al prefetto della provincia del luogo di residenza o di quello nella cui circoscrizione è situato l’ufficio dello stato civile dove si trova l’atto di nascita al quale la richiesta si riferisce”, ed al secondo comma che “nella domanda si deve indicare la modificazione che si vuole apportare al nome o al cognome oppure il nome o il cognome che si intende assumere.”.
Possono, allora, distinguersi due fattispecie autonome tra loro: la prima relativa alla richiesta di cambiamento del cognome o di aggiunta al proprio di un altro cognome devoluta alla competenza del Ministero dell’Interno (disciplinata dagli articoli 84-87 o.s.c.); la seconda concernente la domanda di cambiamento del nome, di aggiunta al proprio di un altro nome o di mutamento del cognome perché ridicolo o vergognoso o perché rivela origine naturale attribuita alla competenza del Prefetto (disciplinata dagli articoli 88-92 o.s.c.).
Entrambe le norme non prevedono poi la produzione documentale a corredo della richiesta avanzata. In nessun caso, può essere richiesta l’attribuzione di cognomi di importanza storica o comunque tali da indurre in errore circa l’appartenenza del richiedente a famiglie illustri o particolarmente note nel luogo in cui si trova l’atto di nascita del richiedente o nel luogo di sua residenza. Entrambi i provvedimenti emanati dal Ministro dell’Interno e dal Prefetto hanno inoltre carattere discrezionale e contro essi è ovviamente ammessa la tutela giurisdizionale dell’interesse dell’istante. Non può in alcun caso affermarsi, infatti, che sussista un diritto al cambiamento o alla modificazione del segno distintivo da parte di quest’ultimo.
Non è più previsto, inoltre, l’inserimento per sunto della domanda stessa sulla Gazzetta Ufficiale, che costituiva una tappa obbligata del precedente iter procedimentale.
Ed invero, ai sensi dell’art. 87 o.s.c.:“Chiunque crede di avervi interesse può fare opposizione alla domanda non oltre il termine di trenta giorni dalla data dell’ultima affissione o notificazione”, con atto notificato al Ministro dell’interno, al quale fa da contrappunto l’art. 91 o.s.c. per la fattispecie di cui all’art. 89 o.s.c. che così dispone: “chiunque ne ha interesse può fare opposizione alla domanda entro il termine di trenta giorni dalla data dell’ultima affissione. L’opposizione si propone con atto notificato al prefetto.”.
I decreti che autorizzano il cambiamento o la modificazione del nome o del cognome devono essere annotati, su richiesta degli interessati, nell’atto di nascita del richiedente, nell’atto di matrimonio del medesimo e negli atti di nascita di coloro che ne hanno derivato il cognome. Gli effetti dei decreti rimangono, inoltre, sospesi fino all’adempimento delle formalità di annotazione. L’esigenza di semplificazione permette poi che per i membri di una stessa famiglia l’autorità competente (Ministro dell’Interno o Prefetto) possa provvedere con unico decreto. Resta salva la facoltà disciplinata dall’art. 33 o.s.c. secondo comma per il figlio maggiorenne che subisca il cambiamento o la modifica del proprio cognome a seguito della variazione del cognome del genitore da cui il cognome deriva di mantenere – fra l’altro – il cognome “portato precedentemente”.
L’art. 93 o.s.c. dispone che “In tutti i casi di cambiamento di nomi e cognomi perché ridicoli o vergognosi o perché rivelanti origine naturale, le domande e i provvedimenti contemplati in questo capo, le copie relative, gli scritti e i documenti eventualmente prodotti dall’interessato sono esenti da ogni tassa”.